15 domande all'alpinista estrema Tamara Lunger

    Tamara si presenta rilassata al nostro appuntamento in videochiamata. Si accomoda nella sua stube e ci accoglie con un ampio sorriso. Nell'ora che segue, parliamo con lei del rapporto tra donne e montagna, delle sue esperienze sul K2, del suo futuro e di ciò che la sostiene nelle sue spedizioni estreme. Ci racconta la sua vita apertamente e onestamente, portandoci con sé in un'avventura.
    Tamara Lunger
    SPORTLER incontra Tamara Lunger. ©TamaraLungerArchive

    1. Sei una delle poche atlete nel mondo dell’alpinismo estremo. Quali sono gli aspetti positivi dell'esserlo?

    (ride) Mi sembra di essere un po' privilegiata perché ci sono pochissime donne nell'alpinismo estremo – e sono ancora meno quelle che lo praticano nel modo in cui lo faccio io. Con le donne spesso è un po' complicato. Una volta ho provato a partire per una spedizione con una donna e non mi è andata per niente bene. Ero costantemente arrabbiata perché lei era sempre così complicata! Al tempo mi sono detta: "È decisamente meglio con gli uomini!”. Ma nel frattempo ho già incontrato donne che sicuramente lavorerebbero bene con me. E inoltre, nel mondo dell'alpinismo ci sono così poche donne, che mi va già bene di poter collaborare con gli uomini.

    2. Quindi preferisci andare in spedizione con uomini piuttosto che con donne? O hai in progetto, per esempio, di fare un tour con un gruppo di donne?

    Sì, non sarebbe male, ma con donne che sono sulla mia stessa lunghezza d'onda. Ne ho incontrate alcune che fanno parte di una nicchia leggermente diversa, ma chissà!

    3. Ci sono donne emergenti nel mondo dell'alpinismo?

    Beh, al momento mi viene in mente un nome, l'ho incontrata di recente, Stefi Troguet (Estefania Troguet, ndr) di Andorra. È anche lei un'atleta de La Sportiva. Ha fatto un paio di spedizioni con gli Sherpa, ma sta cercando di adottare il mio stile. È una grande donna, ha grinta e motivazione e credo che abbia un grande futuro davanti a sé. Il suo obiettivo è quello di scalare tutti gli 8.000 – il che non fa per me, perché penso che questa sia roba superata.

    Tamara Lunger, Simone Moro, Gasherbrum 2020
    Gasherbum 2020 con Simone Moro. ©Matteo Pavana

    4. E qual è il tuo obiettivo?

    Al momento, devo dire, non so che pesci pigliare. Non ho un grande obiettivo perché ho avuto una brutta esperienza lo scorso inverno. Mi ha colpito molto duramente. Solo l'altro ieri ho tenuto un discorso in Spagna ed ero ancora in lacrime. È stato così intenso e doloroso che al momento non so quando ci riproverò. Mi sono ritrovata in una situazione simile con Walter Nones nel 2010, ma allora non ho visto di persona l'incidente, il che fa una grande differenza. Quando devi prenderti cura da sola della vittima, è un'esperienza brutale. Allora mi ci sono voluti sei mesi per essere di nuovo pronta e sentire nuovamente quella passione, quell'amore. E quest’estate, quando sono tornata al campo base, ho guardato in alto e ho sentito che i miei compagni mi chiamavano ancora. Ma questo non significa sdraiarsi sul divano e non fare più nulla. No. Piuttosto, ora cerco di fare progetti che possano aiutare altre persone, di vivere avventure. Se non pratichi l’alpinismo con tutta la passione che hai in corpo, è una tortura. Perché è freddo, umido e scomodo. Per questo lo farò solo quando mi sarà tornata la passione e l'amore, quando sentirò il bisogno di partire.

    5. Come ti senti ora quando ripensi a quello che è successo sul K2? Le tue emozioni sono cambiate? Vedi le cose in modo diverso ora, rispetto all'inizio di quest'anno?

    È difficile da dire. È sempre doloroso e ci sono molti momenti in cui piango ancora, ma cerco sempre di guardare le cose in modo positivo. Cerco sempre di dire a me stessa: “Per fortuna ho avuto l'opportunità di incontrare queste persone uniche". Tuttavia, ora che loro non ci sono più, ho sviluppato un grande legame con le loro famiglie. Per esempio, sento quanto la moglie di Sergi (Sergi Mingote, ndr), Miriam (Miriam Roset, ndr), abbia bisogno di me. E c'è anche qualcosa di bello in tutto ciò. Lei dice: "Mi hanno portato via Sergi, ma ho conosciuto te e Davide (Davide Maccagnan, ndr)", e io le sono molto grata per questo. Quando ripenso a loro 5, associo ad ognuno di loro certi tratti caratteriali e quando le cose vanno male, mi chiedo sempre: "Cosa farebbero loro ora?". Allora trovo nuovamente la motivazione, e li porto sempre con me nella vita.

    Foto 1: Tamara Lunger con JP Mohr. Foto 2: Al campo base del K2. ©TamaraLungerArchive

    6. Perché lo sport è così importante per te? Quali valori ti ha insegnato la montagna?

    Lo sport è importante per me, lo è sempre stato. Ho sempre preteso molto da me stessa. Ho sempre camminato molto e mi è sempre piaciuto. Però posso dire che lo sport è stato come una dipendenza, in certi momenti della mia vita. Ho avuto momenti in cui mi svegliavo la notte e pensavo tra me e me: "Non ho fatto abbastanza esercizio oggi, devo iniziare a fare addominali!". Ho imparato la teoria di come ci si allena correttamente quando ho studiato scienze dello sport, ma mi sono sempre detta che io ero un’eccezione, con me era "di più, più, più”! Così ho fatto un sacco di cose brutte al mio corpo, e per questo ho pagato un prezzo molto alto. Cosa ha dato a me la montagna? Ho sempre considerato le montagne un luogo sacro. Come qualcosa di molto speciale dove ho l'opportunità di entrare in contatto con me stessa. Questo è il motivo per cui ne sono così dipendente. All'inizio, l'attenzione era rivolta soprattutto al successo e alla vetta, ma negli ultimi anni ho preferito le spedizioni invernali, perché lì sei davvero unico responsabile di te stesso, sei solo. In inverno si ha anche più tempo per pensare e si impara molto, anche su se stessi. Credo che questo sia il motivo per cui spesso mi dico che la montagna che devo scalare è quella dentro di me.

    7. Hai iniziato con l'atletica. Come sei passata all'alpinismo?

    Penso che sia una cosa molto legata al rifugio (ndr: Rifugio Croce di Lazfons, gestito dalla famiglia di Tamara), perché quando si arriva lassù, si vedono le montagne in una luce diversa e in uno stato d'animo diverso ogni giorno. A volte c’è un mare di nuvole, a volte è limpido. E questo mi ha affascinato così tanto che una volta dissi: "Mi piacerebbe andare in cima alle montagne", e mia madre disse: "Cosa vuoi di più? Sei già in cima alla montagna!" (ride). Anche le gare di scialpinismo hanno rafforzato il mio amore per gli sport di montagna. Solo più tardi ho capito che le gare sono belle, ma che mi mancava qualcosa. Sono stata spesso sulle Alpi a fare delle gare, ma non ho visto molto delle montagne! È così bello ora ripensare a quel periodo, perché ricordo esattamente come mi sentivo quand’ero così appassionata. Non c'è mai stato un momento in cui mi sono detta: "Perché mi sto facendo questo? Perché sono qui? Sono un’idiota!" Ogni salita era bellissima, ed era tutto solo mio! Sentivo di avere molte meno difficoltà con l’altitudine rispetto agli altri, ero sempre molto veloce, avevo molta resistenza – proprio come se fossi nata per quello.

    Tamara Lunger La Sportiva
    Già da diversi anni Tamara è un'atleta La Sportiva >>> ©Matteo Pavana

    8. C’è una grande differenza tra donne e uomini. Come funziona l'igiene in montagna per te? Com'è quando hai le mestruazioni? Ne hai già parlato in dettaglio in un episodio del podcast Bergfreundinnen, puoi riassumerlo per noi?

    Sì, la natura è così e bisogna accettarla, non c'è niente di cui vergognarsi. È certamente tutto molto più complicato e difficile. Sul Nanga Parbat, per esempio, sei sempre su terreno ripido e non puoi semplicemente toglierti l'imbragatura. Solo quando si arriva in cima si ha il tempo di controllare com'è la situazione. Devi quasi dimenticare te stessa, perché qualcos'altro è più importante in quel momento. Quand'ero sulla via per la vetta, il 99% delle volte avevo il ciclo. Perché anche prima di partire pensavo tra me e me: "Spero che non mi venga il ciclo, spero che non mi venga il ciclo". E guarda caso, mi sono sempre arrivate le mestruazioni esattamente in quel momento. In quota, il ciclo è meno intenso, ma per quel che riguarda l'igiene, non ci si può pensare troppo. Negli ultimi anni ho sempre usato la coppetta mestruale, con cui mi trovo molto bene. Non si ha nessuna sensazione di fastidio. Nei primi anni ho avuto la sensazione che gli assorbenti pizzicassero, probabilmente a causa della pressione dell'aria. Di conseguenza la coppetta mestruale è una buona alternativa. E sì, bisogna togliere la coppetta, svuotarla, farci pipì sopra, rimetterla dentro e continuare.

    9. Ha mai avuto problemi di salute?

    Il dolore fa parte della mia routine quotidiana da quando avevo 13 anni, ma ci si abitua (ride). Quello che è davvero sorprendente è che mi viene sempre il ciclo quando succedono cose brutte. Per esempio, due anni fa, quand'ero via con Simone e lui è caduto nel crepaccio. Non appena si è rialzato, ho sentito che mi erano arrivate le mestruazioni. Quando Sergi è caduto, avevo avuto il ciclo appena due settimane prima, ma poi lui è morto tra le nostre braccia e subito l’ho sentito: ecco il ciclo. Così ci si rende conto cosa succede al corpo, cosa succede a livello ormonale. Quando si torna a casa, spesso ci vogliono 1-2 mesi prima che le cose si sistemino di nuovo. In altitudine è tutto un po’ sfasato.

    Tamara Lunger, Alice Russolo
    Girl Power! Tamara Lunger e Alice Russolo durante il "Tamara Tour Italia 2020". ©TamaraLungerArchive

    10. Sei religiosa?

    Sì, molto. E questo mi dà anche molto sostegno. So che in alta quota sono sempre sola e che sto camminando con il Signore. Per esempio, durante le spedizioni invernali parlo sempre con Dio. Quando cammino, parlo come se Lui fosse accanto a me. "Perché non spegni il vento?" Oppure: "Mi piacerebbe che fosse un po' più caldo in questo momento". E lo sento come se fosse l'unica persona – lo considero sempre 'umano' – che è con me. Ed è così bello, perché non mi sento mai sola. So che farò sempre tutto quello che posso, e se questo non basta più e devo morire, è perché devo morire proprio oggi. Allora non ho paura. So che questo giorno è già scritto e quando avrò raggiunto ciò che devo raggiungere nella mia vita, allora sarà il momento di andarmene. E questo mi dà una grande pace interiore.

    11. Come ti prepari mentalmente per le tue spedizioni?

    Ho lavorato molto su me stessa dedicandomi alla meditazione prima dello scorso inverno. E mi ricordo molto bene come stavo quando sono andata in Pakistan: ero totalmente positiva, molto motivata e sapevo di poter arrivare lassù. Lo sapevo. In realtà mi sono preparata più mentalmente che fisicamente. Il mio obiettivo è quello di conoscere sempre chiaramente il mio limite e di essere onesta al 100%, di avere il coraggio di ascoltare sempre me stessa, non importa quello che fanno o dicono le persone intorno a me. E devo dire che l'ho imparato così bene che sono davvero orgogliosa di me stesso. Ti senti sicura di te stessa e sai che se rimani stretta a quella forza, sei molto più forte delle altre persone. Bisogna immaginare che a un certo punto scatta qualcosa al campo base, e all’improvviso tutti hanno la “summit fever” (febbre da vetta, ndr). Quindi sale lo stress, tutto ciò di cui si parla è il meteo…e poi magari sono previste 30 ore di bel tempo e allora alcune persone impazziscono completamente. Se resto padrona di me stessa, allora posso analizzare esattamente e sentire esattamente cosa funzionerà e cosa no – e questo è così bello, perché ti senti così grande. E devo proprio dirlo, al campo base mi sono sentita spesso sola, ma non in senso negativo. Ho sempre fatto le mie cose, e questo è il bello.

    Tamara Lunger, Gasherbrum
    Gasherbrum 2020. ©Matteo Zanga

    12. Quali sono le differenze tra una spedizione invernale e una estiva?

    Beh, intanto in inverno è estremamente freddo. Quest’anno al campo base c'era la temperatura che in estate solitamente si trova sulla vetta, cioè -30° o -35°C. Poi ci sono le ore di sole, che diventano molte meno in inverno. Mi è stato detto che, in inverno, il K2 sembra superare i 9.000 metri. Poi, naturalmente, la montagna è molto più tecnica, perché in estate c'è più neve, fa molto più caldo e la neve è stabile; così ci si può semplicemente “trascinare”, si formano impronte molto alte ed è piacevole e come salire le scale. In inverno è tutto duro e congelato, bisogna sempre camminare sulle punte frontali (dei ramponi, ndr) e sul ghiaccio duro, il che è molto più faticoso. Ci sono anche più frane, perché non c'è la neve a trattenere le pietre. E le pietre arrivano a una velocità incredibile. Se una ti colpisce, te la vedi brutta. In inverno ci sono anche meno accampamenti, e non è possibile allestirne di più perché tutto è ghiacciato e ripido. Con la caduta delle rocce, ovviamente è anche più pericoloso per le corde, perché cadendo possono reciderle. È più che doppiamente difficile in inverno. E c'è un mondo di differenza tra il K2 e le altre cime di 8.000 metri, non c'è paragone per me. Sapevo che stavo andando lì e che sarebbe stata l'esperienza più estrema della mia vita. L'ho sentita davvero, ed è stata dura, dura e ancora dura.

    13. Per quanto tempo puoi immaginare di fare spedizioni così estreme? Quali sono i tuoi piani a lungo termine? Che aspetto ha il tuo futuro?

    Non c’è nessun piano. Come ho detto prima, devo prima vedere quando mi sentirò di nuovo come prima. Allora continuerò. Ma per il resto, no. Ho pensato molto al perché questo dovesse accadere. Sono arrivata così positiva e poi tutto è andato storto. Penso che tutto doveva andare così. Sono dell’idea che tutto accada sempre PER noi. Tutto ciò che ci accade alla fine è qualcosa che ci permette di imparare, e ci rendiamo conto qualche tempo dopo che avevamo bisogno di quella cosa, in quel momento, per essere dove siamo ora. E forse avevo bisogno di un’esperienza così dolorosa per poter fare qualcosa di diverso. Non lo so. Sono in una zona grigia in questo momento, non so esattamente dove sto andando. Ma una cosa la so per certo (e questa spedizione mi ci ha fatto arrivare): voglio avere un progetto all'anno da dedicare a una buona causa. Dopo di che forse ci saranno più avventure in cui viaggerò davvero in paesi o luoghi inimmaginabili. Mi piace così tanto l'ignoto, l'essere sorpresa. E forse saranno montagne più basse, come 6.000 m e 7.000 m, con una squadra più piccola. Montagne sconosciute, montagne non scalate – ce ne sono ancora tante.

    Tamara Lunger "Tamara Tour Italia 2020"
    Tra pianificazione e spontaneità. Sta tutto nel mix! ©TamaraLungerArchive

    14. Puoi dirci qualcosa sui tuoi progetti attuali?

    Al momento sono in uno stato in cui mi godo la natura, la vita. Dove ci sono gli odori, i colori, dove gli uccelli cinguettano. Come nel Tour in Spagna, dove sono stata su montagne più basse: alla fine è come un campo di allenamento, ma si vedono anche molte cose nuove. Questo potrebbe anche diventare uno dei miei progetti annuali, andare in un paese con il furgone e conoscere di tutto. Nel Tour in Spagna abbiamo passato giornate molto lunghe, mai con meno di 2.000 metri di altitudine e sempre con molti chilometri, perché il paesaggio è selvatico. Non ci sono tutte le stazioni sciistiche che abbiamo qui, e si possono fare diversi 3.000 su creste esposte e bellissime. È molto figo! Abbiamo incontrato pochissime persone, ma quando abbiamo incontrato qualcuno, ci siamo fermati sulla cima e da lì abbiamo cercato di trovare le montagne su cui eravamo già stati. È così bello quando si possono mettere assieme i pezzi e capire come muoversi. Si ha una visione d'insieme del tutto.

    15. Dove trovi la motivazione per questi tuoi grandi progetti?

    La motivazione viene sempre dalla bambina che è in me, che vuole vedere cose nuove e vivere nuove esperienze. Credo stia tutto lì. Un tour in Italia o in Spagna richiede tanta preparazione. In Italia avevo proprio un piano, sapevo dall'inizio alla fine cosa avrei fatto ogni giorno. In Spagna, non sono riuscita a seguirlo per niente. Gli spagnoli mi hanno detto che ero un po' pazza e molto ambiziosa. Non pensavano che ce l’avrei fatta, perché i Pirenei non sono le Dolomiti, e perché non ci trovavamo in Italia. Alla fine ho dovuto dare loro ragione, e così sono stata molto più stimolata a fare cose belle, a incontrare persone. Ho fatto molte cose con la gente del posto, che mi ha detto cosa dovevo assolutamente fare e vedere. Sei costantemente messo alla prova, perché se pensi che tutto andrà secondo i piani, spesso succede qualcosa di inaspettato e allora devi imparare a rimanere flessibile, ad accettare la situazione così com'è e trarne il meglio. E questa resta la mia motivazione: la bambina che è in me vuole sempre vivere nuove avventure, da cui imparo sempre molto. Principalmente lo faccio per mantenere la calma e trovare un'armonia interiore.

    Tamara Lunger, Tamara Tour Italia 2020
    "Dopo la pioggia arriva il sole. Promesso!" ©TamaraLungerArchive

    P.S.: In estate, Tamara ha partecipato al progetto "Climbing for a Reason" in Pakistan, dove ragazze e ragazzi della valle di Shigar sono stati iniziati all'arrampicata. Per sostenere questo progetto, che sta molto a cuore a Tamara, clicca QUI.

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